Parola di Vita
 

4 Giugno 2023 - Ss.ma Trinità

 
 
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Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 3,16-19)

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

 

 

 

La fede e la crisi

 

Oggi La Chiesa celebra la festa della Santissima Trinità; celebra, cioè, nella sua pienezza, il Dio cristiano. Da sempre abbiamo tentato di capire questo mistero: come può il Dio unico essere allo stesso tempo Trino? E come può essere Trino mantenendo la sua unità? Davanti a questa domanda per secoli la ragione e la fede sono andate in crisi: la crisi della fede ha trovato una risposta nei Concili e ha avuto come frutto il Simbolo di fede (Credo), che ancora oggi noi professiamo. La crisi della ragione ha generato due reazioni: da una parte una sorta di “ateismo” illuminista dove tutto ciò che la ragione non può pienamente afferrare viene messo da parte, dall’altra una religiosità miracolistica che esclude un ragionamento su Dio e non si pone più domande.

La Chiesa ha risposto a queste tensioni, dicendoci che il mistero della Trinità è un dogma di fede. Il dogma non è un’imposizione. Il dogma concilia ciò che ci sembra inconciliabile. La chiesa ci insegna che gli opposti non sempre si respingono (così Maria può essere veramente vergine e veramente madre, il Dio unico veramente Trino ecc.).

Ma ora proviamo a contemplare più da vicino il Vangelo che oggi la liturgia ci consegna: in questa domenica abbiamo ascoltato appena tre versetti presi dal Vangelo secondo Giovanni, ma dobbiamo tenere presente che queste poche righe si collocano in un contesto più ampio. Il primo versetto ce lo dice, Gesù sta dialogando con Nicodemo. Il maestro d’Israele chiede a Gesù come sia possibile rinascere dall’alto e ciò che abbiamo appena ascoltato è parte della risposta di Gesù. Il dialogo si sviluppa attorno a tre soggetti: Dio Padre, suo Figlio e il mondo. Questi sono legati a tra loro attraverso relazioni particolari: il Padre è legato al mondo dall’amore («Dio infatti ha tanto amato il mondo», Gv 3,16) ed è legato al Figlio nella paternità. Il Figlio è legato al Padre nella relazione di figliolanza e gli è legato anche per la sua missione: il Padre dona suo Figlio e lo manda nel mondo. Gesù poi è legato al mondo per salvarlo. In questo modo il mondo è legato al Padre e al Figlio per un dono di amore e di salvezza. Questo è il focus di questi pochi versetti: siamo tanto amati dal Padre, che ha sacrificato suo Figlio per salvarci.

Ma il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi ci parla anche di una “crisi”: proprio questo è il termine greco che nella traduzione italiana viene reso con “condannare”. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per criticare mondo o per mettere in crisi la fede e i ragionamenti dell’uomo, ma lo ha mandato perché il mondo fosse salvato. Se l’orizzonte è quello della salvezza, allora il punto non sarà cercare di capire concettualmente cosa significhi che Dio è uno e trino, ma comprendere come questo suo essere uno e trino ci salvi.

In che modo l’essere di Dio a che fare con la mia vita? A questa domanda risponde ancora una volta la Parola che abbiamo ascoltato: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito». Quindi Dio Padre, mandando a noi suo Figlio, ci ha fatto un dono. Solo nella logica del dono e della gratuità possiamo comprendere l’Incarnazione. Quando pensiamo alla nostra salvezza, subito siamo portati a pensare al perdono dei peccati. Questo è vero, infatti anche Giovanni ci presenta Gesù come colui che «toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Ma il perdono dei peccati è veramente il fine della salvezza? La tradizione francescana pensa di no. Il perdono dei peccati è uno degli esiti della salvezza, non il suo scopo: Dio non ci salva perché abbiamo peccato, Dio ci salva perché ci ama.

In fondo il Vangelo di oggi ci sta dicendo la stessa cosa. La salvezza non è “qualcosa” ma “qualcuno”, è quel Figlio che ci viene donato. Per questo motivo «chi crede in lui non è condannato, ma chi non crede è già stato condannato» (Gv 3,18). Chi non crede che Gesù è dono di salvezza si condanna da solo, perché credere nel nome dell’unigenito Figlio di Dio, non è altro che credere in questa salvezza: Gesù significa “salvatore”.

Ecco in che modo l’essere di Dio, la sua sostanza che è amore (1Gv 4,8), ha a che fare con la nostra vita. Il Padre, il Figlio e lo Spirito agiscono nella storia del mondo e nella nostra storia se davvero siamo disposti a ricevere questo amore.

«Dio ha tanto amato il mondo», e noi ci lasceremo amare da Lui?

 

 

 

 

 


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